Una legge sul dopo-di-noi
L’angoscia e l’ansia per il futuro dei propri figli portatori di gravi handicap sono pessime compagne di viaggio dei rispettivi genitori, lo sappiamo. Questi si vedono sempre più anziani, con l’avanzare del tempo e degli anni, e soprattutto, sempre più indifesi e dubbiosi sul da farsi. Le domande più frequenti che pongono e si pongono sono su chi e se qualcuno (o qualche struttura all’altezza del compito) si prenderà cura dei figli, non autonomi, in tutto o in parte, quando essi genitori non ci saranno più al mondo.
Non si tratta di lasciare ad essi dei beni o delle risorse economiche: per questo le forme e i sistemi ci sono già, di fatto. Si tratta piuttosto di sapere chi e soprattutto in che modo un qualche soggetto o organizzazione gestirà quelle risorse, privilegiando il superiore interesse dei figli stessi.
A queste (e altre domande che vengono poste con ansia e insistenza dal mondo della disabilità e delle famiglie che ogni giorno si trovano ad affrontarne le criticità, anche per il futuro) tenta di rispondere una legge approvata dai parlamentari. Un importante passo in avanti è stato fatto in questo ambito (così come è stato chiamato) del “dopo-di-noi”.
Attraverso alcuni strumenti contrattuali (è necessaria la stipula di un atto pubblico) si dà vita alla gestione di patrimoni (comunque composti, non solo con risparmi o disponibilità finanziarie di chi costituisce tali patrimoni, ma anche con beni mobili diversi dal denaro o anche immobili), le cui sorti saranno indipendenti da quelle personali di colui o coloro si troveranno ad amministrarli: così che sia rispettata la destinazione di quei patrimoni a vantaggio esclusivo dei loro beneficiari (i soggetti portatori di handicap), senza che eventuali fatti o circostanze riguardanti tali amministratori (situazioni d insolvenza personale, successione, fatti relativi alla propria famiglia, ecc…) possano menomare la possibilità di attuare la destinazione stessa.
È prevista anche la possibilità di fondi speciali con appositi regolamenti e con affidamento fiduciario di beni e patrimoni a favore di onlus che si occupano professionalmente della beneficenza e dell’assistenza a persone con gravi disabilità.
Il punto di forza della legge è senz’altro quello di aver acceso un grosso riflettore sulla problematica dell’assistenza della persona gravemente disabile in assenza (soprattutto per la sopravvenienza del decesso) o in caso di impedimento dei genitori. La chiara e univoca indicazione dei fini per la cui realizzazione questi strumenti protettivi saranno messi in campo consentirà anche di targare e veicolare le disponibilità offerte a vantaggio dei disabili senza eccessiva confusione.
Sarà però necessaria in concreto una concertazione di persone e di strutture (disposte ad assumere l’incarico della gestione patrimoniale) ma anche di idee. Bisognerà così tagliare il progetto di gestione delle risorse disponibili (o che verranno messe a disposizione dal previsto Fondo per l’assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare) sulle reali necessità ed esigenze della persona disabile, favorendo anche la sua permanenza alloggiativa in un ambiente consono (che di solito è quello condiviso fino alla scomparsa dei genitori).
Allo scopo la legge intende – dichiaratamente – «favorire percorsi di istituzionalizzazione e di supporto alla domiciliarità in abitazioni o gruppi-appartamento che riproducano le condizioni abitative e relazionali della casa familiare e che tengano conto anche delle migliori opportunità offerte dalle nuove tecnologie». Ma come si diceva, tali finalità potranno essere realizzate (e anche affinate) solo se vi sarà un reale concorso di idee, di procedure e di persone. Ad esempio sarà necessario ipotizzare qualche meccanismo di verifica (e di controllo) del perseguimento degli obiettivi fissati da colui o coloro che hanno messo a disposizione in origine le proprie risorse per l’assistenza alla persona disabile ed, eventualmente, pensare anche a dei correttivi in corso d’opera laddove si accertasse che i mezzi stanziati non siano stati utilizzati in modo del tutto coerente con gli scopi assistenziali.
Insomma sarà importante far funzionare bene gli strumenti, anche contrattuali, che la legge consentirà di mettere in campo a breve: grazie alla mediazione delle competenze e del reale, sentito e condiviso impegno verso le sorti di chi, privo di sostegno familiare, non può provvedere con i soli suoi mezzi alla cura della propria persona e dei propri beni.